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(Getty Images) |
scritto da ilpost.it
È la prima in Italia di questo tipo e prevede che una persona con tutti i requisiti possa accedere altrattamento in meno di due mesi
La Toscana è diventata la prima regione italiana a dotarsi di una legge per regolamentare il suicidio assistito, o morte assistita, la pratica con cui a determinate condizioni ci si autosomministra un farmaco per morire. In Italia è già legale dal 2019, quando una sentenza della Corte costituzionale dichiarò illegittimo il divieto fino ad allora in vigore, ma nonostante i ripetuti inviti della Corte il parlamento nazionale non è mai andato vicino ad approvare una legge per definire modi e tempi di accesso al suicidio assistito.
La legge appena approvata in Toscana fa proprio questo: è composta da sei articoli, ognuno dei quali definisce in maniera chiara ruoli, procedure e tempi per l’accesso alla morte assistita all’interno della regione.
Il testo si basa in gran parte sulla proposta di iniziativa popolare “Liberi Subito”, elaborata dall’associazione Luca Coscioni, che da anni si occupa di diritti civili e libertà di ricerca scientifica. La stessa proposta di legge è stata presentata anche in altre regioni, proprio nel tentativo di colmare il vuoto normativo nazionale: in Veneto non era stata approvata e in Lombardia era stata affossata ancora prima di essere discussa, mentre in varie altre verrà discussa nei prossimi mesi.
Anzitutto la legge definisce i requisiti con cui si può accedere alla pratica, che sono gli stessi previsti dalla sentenza della Corte costituzionale del 2019: la persona che lo chiede deve essere in grado di prendere decisioni libere e consapevoli, avere una patologia irreversibile, sofferenze fisiche o psicologiche ritenute intollerabili, deve aver formulato il proprio desiderio di morire in modo «libero e autonomo, chiaro e univoco» e, infine, deve essere tenuta in vita da «trattamenti di sostegno vitale». Questi requisiti devono sussistere tutti insieme. Il paziente dovrà inoltre aver rifiutato qualsiasi soluzione terapeutica praticabile, compresa la sedazione profonda e continuativa, cioè l’induzione in uno stato di incoscienza fino al momento della morte.
Il requisito del «trattamento di sostegno vitale» è vago e al centro di dibattiti per via dei vari modi in cui può essere interpretato: un recente chiarimento è stato dato sempre dalla Corte costituzionale, con una sentenza dello scorso luglio a cui la proposta di legge approvata in Toscana fa riferimento. In quella sentenza i giudici avevano scritto che «trattamento di sostegno vitale» può essere un respiratore meccanico, ma anche terapie farmacologiche o trattamenti in assenza dei quali il paziente morirebbe. Il modo in cui il requisito del «trattamento di sostegno vitale» verrà interpretato in Toscana dipenderà comunque dai singoli casi: la stessa Corte costituzionale aveva detto che il requisito deve essere interpretato caso per caso dalle aziende sanitarie locali che se ne occupano, o da giudici se ci sono controversie legali, rispettando il diritto all’autodeterminazione.
In base alla legge toscana chi vuole accedere alla morte assistita deve rivolgersi, direttamente o attraverso una persona delegata, all’azienda sanitaria locale di riferimento, chiedendo che vengano verificati i requisiti fondamentali. Nella richiesta va inclusa tutta la documentazione sanitaria, e si può indicare un medico o una medica di fiducia da cui si è seguiti.
L’azienda sanitaria locale dovrà inoltrare la richiesta del paziente a una specifica commissione incaricata di verificare i requisiti: la legge appena approvata prevede che questa commissione venga istituita entro 15 giorni dall’entrata in vigore della legge.
La commissione dovrà essere composta da sei persone con i ruoli di: medico palliativista, neurologo, psichiatra, anestesista, infermiere e psicologo. Verrà volta per volta integrata da uno o una specialista competente per la patologia del singolo paziente, in modo da considerarne più accuratamente le ricadute sulla salute e sulla qualità della vita. I membri della commissione devono essere dipendenti del servizio sanitario regionale e non possono ricevere compensi o altre forme di pagamento per questo tipo di attività. In qualsiasi caso, prima di decidere se le richieste di morte assistita sono ammissibili, la commissione dovrà chiedere un parere anche al comitato etico locale competente.
La legge appena approvata prevede che entro 20 giorni la commissione completi la verifica dei requisiti, con la possibilità di sospendere il procedimento per eventuali accertamenti clinici una sola volta, e comunque per non più di cinque giorni. Sarà compito della commissione anche verificare che il paziente sia stato adeguatamente informato su tutte le alternative alla morte assistita, tra cui le cure palliative e il ricorso a sedazione profonda.
Dopo tutti gli accertamenti del caso, la commissione dovrà inoltrare la documentazione dei singoli casi al comitato etico, che avrà sette giorni di tempo per esprimere il proprio parere. A quel punto la commissione dovrà redigere una relazione finale in cui comunica la decisione presa per il paziente: la relazione verrà inviata all’azienda sanitaria locale, che la farà poi avere al paziente.