Il discorso del Sindaco di Isola del Giglio SERGIO ORTELLI
Siamo giunti all’undicesimo anniversario. Oggi è venerdì 13 gennaio, proprio come quel giorno di 11 anni fa, quando il Giglio si trovò di fronte ad un accadimento inimmaginabile. Si ripete anche quest’anno il triste, ma doveroso, rituale della commemorazione delle vittime del naufragio, sostenuti dal costante contatto da noi mantenuto con i familiari
, che abbracciamo con sincero affetto, invocando la preghiera per i loro cari, quelle 32 persone che non si salvarono in quella tragica notte a causa di una terribile colpa condotta con tanta superficialità umana.
È la notte, come scrisse il giorno dopo la nostra redazione locale, in cui vi fu “una formidabile reazione della piccola comunità isolana di fronte ad un’emergenza piombata nello scorrere lento della vita gigliese, inaspettatamente, all’improvviso, alle 10 della sera di un anonimo, silenzioso e freddo venerdì invernale”.
È stata - quella della Concordia - una grave tragedia del mare che ha prodotto ferite non rimarginabili nelle vite di molti e che poi, con il passare dei mesi, si è trasformata in un’operazione di ingegneria straordinaria ed encomiabile, grazie agli ingenti sforzi tecnici ed economici introdotti, senza però avere restituite le vite scomparse nel corso del naufragio, di cui oggi onoriamo la memoria.
Le tragedie, com’è risaputo, non portano bene, …MAI...., portano solo dolore, portano lunghi strascichi, portano inspiegabilmente inquietudini politiche e sociali, anche in una piccola comunità come la nostra; portano dubbi e perplessità, perfino a distanza di così tanti anni, perché questo è conosciuto come lo sport preferito di questo Paese. Un’abitudine della società della critica e della polemica e non solo; il gusto di scavare e di cercare quello che non c’è, nonostante si sia prodotta l’evidenza di atti e fatti, sebbene si sia dimostrato a tutto il pianeta di cosa è capace il nostro Paese e, consentitemi di dire con orgoglio, anche di cosa è capace una piccola isola del Mediterraneo che si è assunta una necessaria e importante responsabilità nell’ambito dello stato emergenziale.
Dovevamo dare una risposta pronta e determinata, dopo quanto era successo in quella notte, di fronte agli occhi del mondo. Dovevamo rimediare a quanto accaduto - una vergogna si diceva all’epoca - dovevamo riscattare un Paese che vedeva la sua marineria derisa dai media internazionali, quando la sua onorevole e meritevole storia marinara fu gettata alle ortiche per un banale atto di leggerezza. Abbiamo fatto tutto il possibile con determinazione e coesione grazie ad un modello di intervento che oggi, credo, potremmo esportare in tutto il mondo.
Gli anni convulsi dei lavori per la rimozione del relitto, il "debunkering", il "parbuckling", il "refloating", termini che sono entrati nel nostro vocabolario quotidiano, sono stati molto duri e lunghi. Tutti hanno lavorato senza risparmiarsi, senza ritardi, se non per le condizioni meteo avverse o per i tempi tecnici necessari a scegliere le soluzioni più adatte per evitare un disastro ambientale.
Anche la Magistratura, che agiva in parallelo ai lavori di rimozione, ha fatto il suo percorso nei tempi previsti, assicurando alla giustizia i responsabili. Ed ecco che proprio due giorni fa la Corte di Cassazione ha sentenziato l’ultimo e definitivo capitolo giudiziario sulla vicenda, respingendo l’ennesimo ricorso.
Il sistema pubblico/privato è stato la soluzione ai molti problemi di un’operazione difficile per non dire irrealizzabile. Ha contribuito ad un esito che non era certo e scontato e che solo la capacità, l’ingegno e la grande disponibilità di tutti, ha permesso di superare, come si dice, una missione impossibile. Altre vicende, ancora oggi nei nostri lontani ricordi, come la sciagura ferroviaria di Viareggio e l’incidente del Moby Prince, non scorgono quella luce in fondo al tunnel e rimangono ancora in attesa di giustizia, perlomeno quella tanto attesa dai familiari.
Illustrissime autorità, nell’occasione del precedente anniversario, annunciai una celebrazione senza clamore mediatico, sobria e di basso profilo, e così è stato, perché la memoria è importante al pari della necessità di guardare avanti.
Gli appuntamenti canonici della giornata commemorativa, che il Consiglio comunale nel 2015 ha voluto intitolare alle “vittime della concordia”, saranno rispettati e chiunque, anche in futuro, vorrà, con la sua presenza, ricordare questa tragedia sarà il benvenuto, ma senza la grande eco che questo appuntamento ha avuto negli anni passati, per rispetto verso chi sulla Concordia ha perso la vita e per le loro famiglie.
Nel ringraziare voi, nel ringraziare il Prefetto di Grosseto dott.ssa Berardino, il Prefetto Gabrielli, il signor Questore e tutte le autorità militari e civili presenti, nel ringraziare Don Lido che ha officiato la S. Messa e rivolgendo un saluto a Don Lorenzo che all’ultimo momento ha dovuto rinunciare per un piccolo problema di salute, vado a concludere il mio breve messaggio perché in questa giornata commemorativa le parole possono sembrare retoriche mentre è il tempo della meditazione ed è necessario fermarci nella preghiera.
Come credo stia facendo oggi l’isola, in silenzio, proprio come il silenzio di quella notte, buia e fredda, ma riscaldata dal calore dei gigliesi che accolsero tanta gente e che ancora oggi ricordano quegli istanti come una triste pagina del mare …… entrata prepotentemente nella loro storia.