fonte lentepubblica.itL’anno da poco iniziato potrebbe essere teatro di diversi cambiamenti con la riforma del sistema sanitario italiano: ecco quali sono le modifiche in arrivo, in particolare sul fronte dei medici di famiglia.
Scopriamo dunque quali saranno le possibili novità in arrivo durante l’anno in corso. Al centro dei mutamenti che potrebbero, in pochi mesi rivoluzionare il nostro quotidiano, la riforma dei medici di famiglia con una serie di modifiche attese per il 2025.
Orario lavorativo
La bozza di riforma sulla quale sono al lavoro al Ministero, tra le principali novità, cambia radicalmente l’orario lavorativa dei medici di base, che dovranno lavorare 38 ore alla settimana, mentre attualmente il minimo garantito varia tra le 5 e le 15 ore, a seconda del numero di pazienti. Queste ore dovranno essere suddivise in base al numero di assistiti, con uno schema la cui bozza prevede:
- fino a 400 assistiti: 38 ore da rendere nel distretto o sue articolazioni, delle quali 6 ore da dedicare agli assistiti e le restanti per le esigenze della programmazione territoriale
- tra da 401 a 1.000 assistiti: 12 ore da dedicare agli assistiti e le restanti per le esigenze della programmazione territoriale
- da 1001 a 1.200 assistiti: 18 ore da dedicare agli assistiti e le restanti per le esigenze della programmazione territoriale
- con un numero di assistiti compreso tra 1.201 e i 1.500 saranno 21 le ore da dedicare agli assistiti e le restanti per le esigenze della programmazione territoriale
- oltre i 1.500 assistiti, la maggior parte delle ore andranno a questa attività, con 24 ore da dedicare agli assistiti e le restanti per le esigenze della programmazione territoriale.
L’aumento delle ore dedicate alla cura ed ai pazienti è parte integrante della ‘rivoluzione’ che dovrebbe prevedere un sistema sanitario sempre più centrato sulla prevenzione piuttosto che sulla medicalizzazione e cura delle cronicità. Niente più medici di famiglia che impiegano gran parte del proprio tempo a compilare ricette per anziani che portano a casa dalla farmacia buste piene zeppe di medicinali e dispositivi medicali.
Risorse per innovazione, ricerca e infrastrutture sanitarie
La sanità del futuro dovrà lavorare per ridurre le malattie delle quali si può non solo prevenire l’insorgenza ma sicuramente anche ritardare il più possibile il manifestarsi se non evitarlo del tutto. Questo potrà avvenire liberando risorse per innovazione, ricerca e infrastrutture sanitarie.
Obiettivo chiarito dallo stesso Ministro Schillaci nel corso di un recente convegno organizzato dalla Società Italiana di Radiologia (SIRM). “Se vogliamo mantenere un servizio sanitario universalistico, dobbiamo ridurre il numero di pazienti con patologie croniche“, ha dichiarato.
Al via, dunque, con un lavoro per rendere massiva la partecipazione, sempre più programmi di screening che riescano a garantire una diagnosi precoce di malattie gravi e spesso invalidanti, ma anche azioni di informazione ed educazione sanitaria. Il nostro sistema sanitario nazionale, guardato con ammirazione da molti altri Paesi nel mondo, a quasi 50anni dalla sua nascita si prepara a cambiare la propria struttura portante, nella direzione di una crescente centralità alla prevenzione primaria e secondaria.
Le case della Comunità
Prevenzione al centro, dunque, azione che passa anche dalle strutture territoriali, la riforma prevede infatti un’altra serie di cambiamenti che vanno nella direzione di un potenziamento dell’assistenza territoriale. Anche in questo caso protagonisti saranno i medici di famiglia, che dovranno prestare servizio oltre che nei propri studi, anche nelle Case della Comunità una struttura immaginata proprio per essere vicina alle esigenze del territorio.
Le nuove Case della Comunità, cardine della riforma dell’assistenza sanitaria territoriale avviata con i fondi del PNRR, secondo quanto previsto anche dal Decreto 23 maggio 2022, n. 77 del Ministero della Salute che fissa gli standard per lo sviluppo dell’assistenza sanitaria territoriale.
Le Case della Comunità, che saranno attivate proprio con il coinvolgimento diretto dei medici di medicina generale, sono strutture sanitarie non ancora presenti in tutte le Regioni, ma che dovranno essere attive e funzionanti su tutto il territorio italiano entro la metà del 2026, saranno in molto casi il risultato di riconversioni di edifici e strutture sanitarie esistenti e dovrebbero andare a ricoprire un ruolo intermedio tra la funzione degli ambulatori dei medici e dei pediatri di famiglia e l’ospedale.
Centralizzare le attività di prevenzione, cura e riabilitazione
Queste realtà dovrebbero divenire un punto unico di accesso che vada a centralizzare attività di prevenzione, cura e riabilitazione, soprattutto per i cittadini fragili per malattia o condizione sociale o affetti da malattie croniche, diventando così il centro in cui si organizzano tutti i servizi che già ora le Asl garantiscono.
Gli obiettivi principali sono quelli di riuscire ad offrire ai cittadini un’assistenza di base complementare, che funzioni quando gli ambulatori non sono aperti, a quella che già ricevono dai propri medici e pediatri, assicurando così una vera continuità dell’assistenza.
Alleggerire il carico sul Pronto Soccorso
Altro obiettivo esplicitato quelli di ridurre il sovraffollamento dei Pronto Soccorso per tutti quei problemi di salute non realmente urgenti. Obiettivo manifesto del disegno di riforma è infatti, proprio quello di cercare di garantire un servizio capillare e accessibile, evitando di sovraccaricare le strutture ospedaliere, che invece dovrebbero divenire sempre più dei poli di specializzazione ed eccellenza.
Percorsi professionali e formativi
Le novità non sono finite qui. Un importante cambiamento riguarda anche il percorso professionale e formativo dei medici di famiglia, che si omologherà a quello di tutte le altre figure mediche divenendo universitario, con la creazione di un percorso di specializzazione universitaria per la Medicina Generale, per anziché regionale, semplificando la gestione del personale sanitario e omologando le caratteristiche di questa figura, per migliorare la formazione dei futuri professionisti del settore.
In realtà, attualmente, è proprio la regionalizzazione del lavoro del medico di famiglia ad aver causato in molte località una grave carenza di medici che volessero ricoprire questo ruolo, con bandi andati deserti o quasi in Città Italiane anche importanti. Tra le criticità maggiori la mancanza di uniformità nelle condizioni di lavoro e delle retribuzioni in tutto il Paese, una vera e propria frammentazione, che rende il percorso per diventare medico generalista ancora più complesso e variabile a seconda della regione.
Riforma del sistema sanitario e medici di famiglia: da autonomi a dipendenti del SSN?
La più discussa di tutte le novità, però, che ha suscitato polemiche e messo a dura prova il percorso stesso della riforma, è la parte del testo di legge che intenderebbe trasformare la figura dei medici di famiglia, da autonomi a dipendenti del Ssn, modificando profondamente il rapporto tra i medici di famiglia e il Servizio Sanitario Nazionale. Il dibattito sullo status dei medici di base è, allo stato attuale, ancora aperto e acceso.
L’ipotesi di trasformare i Medici in dipendenti del SSN, ha assicurato il Ministro in numerose apparizioni pubbliche e in dichiarazioni agli organi di stampa, non intaccherà il rapporto fiduciario con i pazienti, che sarà preservato. Inoltre, questo, non nasconde nessuna volontà di una azione di privatizzazione della sanità.
“Ogni volta che si prova a cambiare qualcosa si parla di privatizzazione, ma il nostro obiettivo è rafforzare la sanità pubblica“, ha dichiarato Schillaci.
La sfida per un Servizio Sanitario Nazionale che recuperi efficacia ed efficienza è, dunque, tutta qui e dipenderà anche dalla capacità di realizzare queste riforme strategiche, mantenendo l’accesso alle cure a tutti i livelli sociali ed economici, come ci invidia molta parte del mondo, riuscendo però anche a recuperare standard Europei di assistenza, senza gravare economicamente sui cittadini.