scritto da greenreport.it Umberto Mazzantini
Le popolazioni di Giglio e di Capraia sono le ultime sopravvissute di un antico ceppo che colonizzarono l'Arcipelago Toscano durante il Pliocene
Le isole sono hotspot di biodiversità e luoghi ideali per studiare i processi evolutivi. Lo studio “The Intriguing Biogeographic Pattern of the Italian Wall Lizard Podarcis siculus (Squamata
: Lacertidae) in the Tuscan Archipelago Reveals the Existence of a New Ancient Insular Clade”, pubblicato su Animals da Francesco Gallozzi (università La Sapienza e Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri – Cnr-Iret), Claudia Corti (Museo di storia naturale La Specola), Riccardo Castiglia (Università La Sapienza), Vasco Avramo (Ispra), Gabriele Senczuk (Università del Molise), Claudia Mattioni e Paolo Colangelo (Cnr-Iret e National Biodiversity Future Center) si è occupato delle lucertole del genere Podarcis, specie diffuse e ben studiate in Europa e che sono presenti su diverse isole e isolotti del Mediterraneo.
Il team di ricercatori italiani evidenzia che queste lucertole «Mostrano una notevole biodiversità insulare nascosta che ha spesso rivelato la presenza di entità biologiche non descritte». In questo studio, sia la diversità genetica che morfologica delle popolazioni di lucertola campestre (Pordacis siculus) dell’Arcipelago Toscano, uno dei sistemi insulari più antichi ed ecologicamente eterogenei del Mediterraneo.
I ricercatori ricordano che «La biodiversità di queste isole è stata fortemente modellata dalle regressioni e trasgressioni marine del Pliocene e del Pleistocene, che hanno provocato diverse ondate di colonizzazione e isolamento di specie provenienti dalla terraferma».
Nell’Arcipelago Toscano la Podarcis siculus è presente all’Elba, Giglio, Giannutri, Capraia, Montecristo e Cerboli e presenta una variabilità morfologica relativamente elevata che in passato ha portato alla descrizione di diverse sottospecie. Lo studio ha indagato sia la diversità genetica che morfologica di P. siculus per ricostruire la storia della sua colonizzazione dell’Arcipelago Toscano che è frammentato in 7 isole principali e diversi isolotti che si trovano tra la Corsica e la penisola italiana e che hanno una grande diversità di biotopi (dai boschi di querce caducifoglie mediterranee ai terreni arbustivi). Il team di ricerca spiega che «La biodiversità di queste isole è stata fortemente plasmata dalle regressioni e trasgressioni marine del Pleistocene e dal Pliocene. Questo fenomeno è ben noto come fonte di evoluzione biologica, consentendo ondate di colonizzazione di specie dalla terraferma durante i periodi di regressione marina glaciale, seguiti dall’isolamento dovuto all’innalzamento dei livelli del mare. In questo contesto, molti organismi diversi sono stati in grado di evolversi, diversificarsi ed estinguersi». Mentre durante il Pleistocene alcune isole dell’Arcipelago Toscano erano collegate al Continente attraverso un ponte di terra emersa, altre rimasero isolate. «Per esempio – spiega ancora lo studio – il basso livello del mare durante l’ultimo massimo glaciale ha portato probabilmente l’Elba, Pianosa e Giannutri per essere collegate con la Toscana continentale, mentre Montecristo, Capraia, Gorgona e l’isola delGiglio sono rimaste isolate».
Inoltre, le isole dell’Arcipelago Toscano ospitano una comunità biologica ricca e peculiare, fortemente influenzata da fattori storici, biologici ed ecogeografici e, fin dall’antichità, l’uomo ha favorito la diffusione delle specie tra le varie isole e tra queste e il continente alterando la composizione delle comunità animali e vegetali. I ricercatori fanno alcuni esempi come la presenza di Vipera aspis hugyi a Montecristo o del colubro di Esculapio (Zamenis longissimus) all’Elba e fanno presente che «Tutti questi fattori contribuiscono alla complessa e diversificata comunità biologica delle isole che che in molti casi è rimasta poco studiata o completamente sconosciuta».
Nonostante tutto questo, finora era stato condotto un solo studio sulla variabilità genetica della P. siculus dell’Arcipelago Toscano, “Biochemical taxonomy of the Podarcis sicula of the Tuscan Archipelago (Reptilia, Sauria, Lac‐ ertidae)”, pubblicato su Proceedings of the 1st World Congress of Herpetology nel settembre 1989, nel quale Corti, Capula e Nascetti avevano utilizzando allozim (diverse forme di un enzima che vengono codificate da differenti alleli nello stesso locus genico), mentre nessuna analisi molecolare basata su mtDNA e i marcatori nucleari erano ancora disponibili. Il nuovo studio ha analizzato sia la diversità genetica che morfologica di P. siculus nell’Arcipelago Toscano per fare luce sulla storia della colonizzazione delle isole da parte di questa specie.
Le diversità del modello della livrea dorsale sono state studiate su 630 esemplari adulti (393 maschi e 237 femmine) conservati alla Specola di Firenze e appartenenti sia alla Toscana continentale che a Giglio, Capraia, Giannutri, Montecristo, Cerboli ed Elba e che sono state definite secondo diverse categorie che vanno dalla “campestris” a “calabresiae”, a “reticolato” e “concolor” e a fenotipi intermedi. Per testare la possibile associazione tra fenotipi e isole, è stato condotto un test χ2 separatamente per maschi e femmine.
I ricercatori dicono che «Considerando i soli maschi, a Montecristo è presente un’alta frequenza del fenotipo “calabresiae”, mentre la Toscana continentale, l’Elba e le isole Cerboli mostrano un’elevata frequenza del fenotipo “campestris”. Nelle altre isole c’è una maggiore diversità di modelli con fenotipi “reticolato” e “concolor” insieme ai loro intermedi. Le femmine seguono un andamento simile con la notevole differenza costituita dal fatto che quasi tutte le femmine di Capraia presentano il fenotipo “campestris”. Il test χ2 ha confermato la significatività statistica delle differenze nelle frequenze fenotipiche sopra riportate (valore p <0,05) nei maschi e nelle femmine».
I risultati dell’analisi delle componenti principali (PCA) sono leggermente diversi tra i sessi. «Nei maschi sono presenti due gruppi ben distinti: uno composto da Giglio, Capraia e Giannutri e uno da Elba, Cerboli, Montecristo e Toscana continentale. Nelle femmine possiamo ancora distinguere due gruppi ma meno distinti che nei maschi: uno che comprende Giglio e Capraia che sono abbastanza simili tra loro, e uno che comprende l’Elba, Montecristo, Giannutri e la Toscana continentale con Cerboli intermedio tra i gruppi».
Per l’analisi genetica, dal 2014 al 2021 sono stati raccolti al Giglio, Capraia, Giannutri, Montecristo, Cerboli e Isola d’Elba 29 campioni di tessuto, prelevati dall’apice della coda delle lucertole che poi sono state rilasciate,. Gli scienziati spiegano ancora: «Abbiamo ottenuto con successo 24 sequenze di cytb dai nostri campioni. L’isola d’Elba è stata esclusa dall’analisi a causa della qualità molto bassa delle sue sequenze cytb». Gli esemplari provenienti da Cerboli, Giannutri e Montecristo appartengono al clade tirrenico: « Nello specifico, su queste isole si trovano quattro aplotipi: due di Montecristo, uno di Giannutri e uno di Cerboli». Ma dall’analisi è emerso un nuovo clade non descritto, ben differenziato dai precedenti: «Questo clade comprende tutti gli esemplari delle isole del Giglio e della Capraia. Il clade Giglio-Capraia appena identificato ha 8 aplotipi unici che non si trovano da nessun’altra parte nell’areale di P. siculus. Questi aplotipi sembrano essere molto vicini tra loro e imparentati con il clade adriatico. Vale la pena notare che Giglio e Capraia mostrano anche un’elevata distanza genetica (p‐distanza) dalle popolazioni continentali di P. siculus: –7,5% dal clade adriatico e 8,7 – 9,1% dal clade tirrenico e che c’è anche una certa divergenza tra gli aplotipi delle due isole (5,4%)».
Il quadro finale che emerge dai risultati dello studio è complesso e intrigante: «Un modello biogeografico con un’elevata diversità morfologica, fenotipica e genetica tra le isole che merita sicuramente ulteriori approfondimenti».
Secondo la precedente analisi sugli allozimi del 1989, le popolazioni di Giglio, Capraia e Giannutri si differenziano da quelle delle altre isole dell’Arcipelago che sono geneticamente vicine a quelle della terraferma. La particolarità morfologica delle lucertole del Giglio, Giannutri e Capraia rispetto a quelle delle restanti isole era già stato osservato da Mertens nello studio “Zur Verbreitung uns Systematik einiger Lacerta‐Formen der Apenninischen Halbinsel und der Tyrrhenischen In‐serlwelt”, pubblicato nel lontano 1932, Mertens aveva definito le lucertole di queste isole come razza di Lacerta sicula che univa sotto il nome di L. s. tirrenica, evidenziando già allora le peculiarità delle popolazioni del Giglio e della Capraia e considerando quella di Giannutri in parte simile a loro.
I risultati del nuovo studio coincidono in parte con queste precedenti osservazioni. «Infatti – scrivono i ricercatori – somiglianze tra le lucertole del Giglio, Capraia e Giannutri sono evidenziate da dati morfologici nei maschi e dalle frequenze DP in entrambi i sessi. La discrepanza consiste nel fatto che, mentre Giglio e Capraia appartengono a un clade mitocondriale ben differenziato, Giannutri appartiene al clade tirrenico. Inoltre, considerando i marcatori microsatelliti nucleari, mentre per Giglio e Capraia c’è un isolamento netto che non dà segni di cedimento alla commistione, gli esemplari di Giannutri sembrano essere mescolati con Giglio, Elba e Cerboli. Sembra quindi ragionevole che la popolazione di Giannutri possa rappresentarne il risultato di una ibridazione/introgressione tra l’antico clade del Giglio-Capraia e il Clade tirrenico che potrebbe essere giunto a Giannutri con introduzioni storiche o durante il LGM, quando l’isola era collegata alla Toscana continentale. Tuttavia, le scarse dimensioni dei campioni di Giannutri utilizzati per l’analisi molecolare non consente di trarre conclusioni su questo punto».
I ricercatori fanno però notare che «A parte il caso di Giannutri, i nostri risultati convergono nell’identificazione di una stirpe di lucertole chiaramente fenotipicamente e geneticamente distinte delle isole del Giglio e Capraia».
La conclusione è che una possibile spiegazione per questa elevata diversità della lucertola Pordacis siculus
nell’Arcipelago Toscano sono due diversi eventi di colonizzazione dell’Arcipelago. I ricercatori evidenziano che «Un modello simile di antica colonizzazione di un arcipelago può ricordare quello di P. latastei delle isole pontine occidentali che era considerata una sottospecie di P. siculus e che recentemente è stata elevata al rango di specie. La presenza del clade Giglio-Capraia in due isole molto distanti potrebbe suggerire che anche altre isole fossero popolate nel passato da questo antico clade e che successivamente si è estinto ed è sostituito da altri. questo rafforzerebbe l’ipotesi che Giannutri possa effettivamente appartenere anche all’antico clade Giglio-Capraia e che lì possa essersi verificata un’introgressione/ibridazione con il clade tirrenico. Inoltre, modelli differenziali di colonizzazione per i rettili sono già stati osservati in diversi arcipelaghi e, in particolare, nell’Arcipelago Toscano per P. muralis con un antico clade sopravvissuto sulle isole d’Elba, Pianosa e Palmaiola e alcuni isolotti vicini». Vale la pena notare che il tempo di divergenza stimato per queste popolazioni insulari di P. muralis è di circa 2 – 3 Milioni di anni. Questo è molto più recente del tempo stimato di divergenza del clade mtDNA insulare Giglio-Capraia di P. siculus. Pertanto, la più antica colonizzazione delle isole dell’Arcipelago Toscano è quella di P. siculus e non quella di P. muralis come si credeva in precedenza. Data la loro somiglianza con le popolazioni continentali, è probabile che la presenza di P. siculus sulle isole di Cerboli e Montecristo sia il risultato di introduzioni storiche, come già osservato da Capula per l’Isola d’Elba. Questo può sollevare alcune preoccupazioni circa la conservazione del lignaggio endemico Giglio-Capraia che potrebbe soffrire di introgressione genetica da introduzioni accidentali di nuove lucertole. Questo è probabilmente quanto accaduto a Giannutri che appartiene al clade tirrenico ma presenta anche segni di commistione con il Giglio e alcune caratteristiche morfologiche e fenotipiche distintive tipiche del clade Giglio-Capraia».
Lo studio conclude: «I nostri risultati fanno luce sull’origine della popolazione italiana di lucertola P. siculus nell’Arcipelago Toscano. La notevole elevata diversità morfologica e genetica riscontrata nell’Arcipelago è probabilmente il risultato di almeno due diverse ondate di colonizzazione: Elba, e da cui probabilmente ebbero origine le popolazioni di Cerboli e Montecristo con introduzioni storiche di lucertole appartenenti al clade tirrenico, mentre le popolazioni delle isole del Giglio e della Capraia sono le ultime popolazioni sopravvissute di un antico ceppo che colonizzarono l’Arcipelago Toscano durante il Pliocene che condivide un antenato comune con il clade adriatico (attualmente presente nell’Italia sud‐orientale). Giannutri forse rappresenta un interessante caso di ibridazione tra il clade tirrenico e quello di Giglio-Capraia. Sulla base dell’elevato carattere distintivo fenotipico e molecolare di questo antico clade, queste popolazioni dovrebbero essere trattate come unità distinte meritevoli di conservazione e di sforzi di gestione, nonché di ulteriori indagini per valutare il loro status tassonomico».
Articolo greenreport.it
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