La destra non è maggioranza assoluta nel Paese ma ha di fronte un’opposizione spappolata
Vista la divisione del fronte “progressista” Il risultato delle elezioni era scontato, ma qual che emerge dai risultati ancora parziali è un quadro inedito e un vero e proprio terremoto politico che colpirà soprattutto la Lega (ex) Salvini e il PD di un Enrico Letta che sembra già con le valige in mano.
Come non dar ragione ad Andrea Colombo che sul Manifesto scrive: «Eppure c’è qualcosa di stridente in queste analisi tutto sommato consuete. La sensazione che sfugga la portata del terremoto storico che si è verificato ieri. Una forza orgogliosamente erede del Msi, cosa molto diversa da un partito fascista ma pur sempre la sola forza estranea al vecchio arco costituzionale, è oggi il partito di maggioranza relativa».
E la destra non è maggioranza nel Paese, non raggiunge il 50% più uno come aveva profettizzato un bollito ma irridente Berlusconi e vince grazie solo a una legge assurda, farraginosa, incomprensibile e, per molti versi, incostituzionale.
Infatti, Giorgia Meloni ha vinto spostando all’estrema destra il centro destra e trovandosi ora con due alleati così indeboliti e fagocitati – al minimo storico – da essere inaffidabili. Impressionante la parabola di Matteo Salvini: solo due anni fa osannato nelle piazze come il salvatore della Patria e ora scartato come materiale obsoleto.
Il centrismo liberal-progressista ondivago del PD ha prodotto un terzo polo liberista che in realtà è quarto e assomma rancori ed ego ipertrofici, godendo della sconfitta dell’odiato PD del quale Matteo Renzi e stato segretario e Calenda ministro miracolato.
Ottiene il quorum la coalizione rosso-verde che, giustamente, si dice già preoccupata della vittoria di una destra sovranista e neofascista, mentre l’estrema sinistra unita ormai è dispersa tra le percentuali minime degli “altri” e non ha pagato la solita campagna elettorale del nemico “meno di sinistra”.
Il Movimento 5 Stelle, ormai di Conte, risorge come un’araba fenice al Sud, reggendo bene nel resto del Paese, facendo propri temi di una sinistra in auto-dissoluzione, segnalando un disagio sociale fortissimo che la Meloni farà bene a non sottovalutare scambiando la flat tax con l’abolizione del reddito di cittadinanza.
Mentre l’Italia si appresta ad avere il governo più a destra di sempre (sembra. fortunatamente, senza maggioranza assoluta per cambiare la Costituzione), il defunto centro-sinistra si rende conto che se fosse stato unito avrebbe vinto le elezioni. Ma si tratta di addizioni praticamente impossibili, come contare le pere con le mele, quell’unità non è probabilmente più ricostruibile, quell’Attak che già era inefficace, obsoleto, non funzionava più, quel fronte non esiste e bisognerà prenderne atto se si vuole che la traversata nel deserto sia breve.
Probabilmente, se l’alleanza Verdi/Sinistra vorrà avere un futuro che vada oltre il quorum e la sopravvivenza di un ceto politico, dovrà marcare una netta autonomia dal PD, aprirsi ai giovani (o meglio farsene conquistare) e chiedere una verifica ad esperienze unitarie di governo nelle Regioni “ex rosse” dove la destra ha dilagato nei collegi uninominali e il PD ha subito perdite catastrofiche rispetto alle precedenti elezioni regionali.
Resta l’incognita di cosa diventerà il PD, se continuerà la sua suicida corsa al centro per cercare una declamata egemonia autosufficiente che è diventata spappolamento in rancorosi partitini personali, resta da capire se si potrà costruire in Parlamento e nel Paese un’unità antifascista in difesa della Costituzione (ma dalle parti di Renzi e Calenda lo smottamento è probabilissimo), resta da vedere se si riuscirà a creare un fronte che difenda i diritti delle donne (che in molte hanno votato la Meloni) e che non consenta alla destra di non rispettare gli impegni climatici e ambientali che l’Italia ha sottoscritto a livello internazionale ed europeo. Resta da capire quanto e se durerà l’innamoramento per Giorgia Meloni di un elettorato volubile, effimero e arrabbiato, quanto Fratelli d’Italia riuscirà a “fidelizzare” gli stessi elettori che hanno votato convintamente prima Renzi, poi il M5S e poi Salvini, per scivolare sempre più a destra.
Resterebbe da capire i perché di un’astensione record, di una disaffezione democratica, di una disillusione che ha colpito soprattutto quella che fu la sinistra, un campo progressita che non ispira più idee di progresso e di futuro, ma solo disillusione e un voto disperato per costruire un argine che ha ceduto.