scritto da Luca Aterini fonte greenreport.it
Giani: «Il Pnrr ci dice 25 km di pannelli fotovoltaici, ma dove li collochiamo?». Monni: «L'indicazione dei 2.500 megawatt non ci obbliga a generarli tutti dal fotovoltaico, vorremmo sviluppare la geotermia»
Man mano che la prova dei fatti si avvicina, le ambizioni della Toscana sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) vanno assottigliandosi: sei mesi fa si parlava di risorse per 12-15 miliardi di euro
da mettere a terra sul territorio regionale, mentre le cifre che circolavano ieri durante il primo vertice convocato dalla Regione con il mondo istituzionale erano dieci volte più basse.
«Abbiamo offerto un quadro di come si può agire per portare più progetti possibile della Toscana a essere finanziati con il Pnrr – dichiara il presidente Eugenio Giani – Ogni assessore ha dato il quadro di come le missioni si esprimono in linee di finanziamento e c’è già la concretezza per almeno 1 miliardo e mezzo con bandi e forme di intesa che la Regione ha creato con il Governo, i ministeri e i dipartimenti».
Conseguentemente, anche la dimensione dei singoli progetti realizzabili con il Pnrr si fa più piccola: «Non ci saranno dei progetti eclatanti come si pensava all’inizio, ma tanti piccoli progetti che corrispondono alla capillarità dei territori», ha aggiunto Giani, sottolineando inoltre che il Pnrr – come noto da tempo, nonostante le pressanti richieste da parte della politica locale – non consente di finanziare grandi interventi infrastrutturali stradali.
In compenso saranno disponibili investimenti utili per portare avanti la transizione ecologica, come quelli previsti sulle rinnovabili. Ma ancora una volta a Palazzo Strozzi Sacrati si è accesa una fuorviante contrapposizione tra fonti energetiche e paesaggio: «Il Pnrr ci dice 25 chilometri di pannelli fotovoltaici, ma dove li collochiamo, nelle superfici coltivate, nei terreni agricoli, nelle arre industriali dismesse?», si domanda Giani, indicando la necessità di una legge che «identifichi il metodo per individuare le superfici adatte, salvaguardando la necessità di tutelare un paesaggio unico al mondo».
La domanda risulta però mal posta, e dunque fuorviante. In primis, la Regione Toscana ha completato già un decennio fa il quadro delle aree non idonee all’installazione di pannelli fotovoltaici. Inoltre è utile ricordare che, stando all’ultimo censimento generale sull’agricoltura concluso da Istat – che sta aggiornando i dati proprio in questi mesi –, in Toscana la superficie agricola utilizzata (Sau) è pari a circa 750mila ettari, mentre quella totale disponibile arriva a 1,3 milioni di ettari.
Questo significa che ci sono 550mila ettari di superficie agricola abbandonata. Se paradossalmente in tutta la Toscana non esistessero aree più adatte per installare fotovoltaico – dai capannoni industriali ai tetti delle case, dalle coperture dei parcheggi alle discariche esaurite, e così via –, dedicare 25 kmq ai pannelli significherebbe occupare appena lo 0,45% della superficie agricola inutilizzata in Toscana, peraltro con la possibilità di inaugurare innovativi impianti agrivoltaici dove combinare entrambe le attività.
Soprattutto, nessuno sta obbligando la Toscana a puntare tutte le risorse del Pnrr dedicate alle rinnovabili sul solo fotovoltaico: l’indicazione in arrivo dal Governo è semplicemente quella di installare 2,5 GW di impianti, in una sorta di burden sharing delle opportunità. «L’indicazione di 2.500 megawatt non ci obbliga a generarli tutti dal fotovoltaico – chiarisce nel merito l’assessora all’Ambiente, Monia Monni – Potremmo diversificare, puntando anche sull’eolico. Anche se noi vorremmo sviluppare la geotermia, da cui la Toscana trae già il 30% del fabbisogno elettrico».
E proprio la geotermia rappresenta un’arma vincente per la tutela del paesaggio, dato che tra tutte le fonti rinnovabili (ma anche rispetto alle fossili) è quella che in assoluto presenta il minor consumo di suolo rispetto all’energia prodotta. Le risorse geotermiche sono abbondanti e di altissima qualità, in Toscana: basterebbe la volontà politica di proseguire su questa strada, coinvolgendo i cittadini spiegando con trasparenza sia le esigenze sia le opportunità della transizione ecologica, lasciandoci finalmente alle spalle le innumerevoli sindromi Nimby e Nimto che bloccano lo sviluppo delle rinnovabili.