Al momento un nuovo intervento del parco dell’Arcipelago Toscano è in atto sul territorio dell’Isola del Giglio e vorrei spiegare quello che non va secondo il mio modesto parere.
- la pineta che si sviluppa da Giglio Castello alla parte sud, riporto in parte quanto presente nell’articolo del giornale locale in data 11 marzo a cura del parco “Nell’ambito del progetto LIFE LETSGO GIGLIO è stata da poco effettuata la consegna dei lavori per quello che riguarda il diradamento e la cura della pineta artificiale con finalità di rinaturalizzarne una parte”.
L'intervento si prefigge di diradare parte della pineta artificiale che si sviluppa da Giglio Castello verso sud favorendo da un lato la permanenza degli esemplari più robusti e sani e dall'altro agevolando lo sviluppo della vegetazione autoctona (leccio ed altro) …...
“Le pinete artificiali un tempo impiantate al Giglio (e non solo) avevano il duplice scopo di fornire copertura forestale, ma anche quello di preparare il terreno alla rinaturalizzazione dei siti ovvero alla loro evoluzione verso la successiva copertura con piante locali”.
Da quanto sopra riportato rimango sconcertato e preciso le mie perplessità.
Oggi avete inventato la “rinaturalizzazione parziale del territorio” e sperando che fossimo incapaci ed incompetenti a valutare la realtà del territorio, “asserite che era previsto tutto dall’impianto”, pazzesco!!!!
Gli abitanti, principalmente i proprietari dei terreni, manifestarono contro il rimboschimento nei confronti dell’allora Sindaco e comunque avrebbero potuto accettarlo barattandolo con piante di diversa natura (macchia mediterranea adatta ai territori dell’Isola), perché in futuro i boschi potevano essere tagliati per la produzione di legna da ardere). L’amministrazione comunale si adoperò, ma non riuscì a bloccare/modificare il progetto ed il Sindaco si giustificò asserendo che ‘la decisione purtroppo era stata presa in altro luogo’ (mi pare di ricordare il Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste); ottenne però che gli operai necessari all’operazione fossero recuperati dalle locali liste di collocamento, cosa che avvenne.
La pineta in discussione è stata impiantata arrecando un danno sia ai proprietari che al territorio dell’isola. I pini sono stati collocati laddove esisteva già un eco-sistema di ‘greppe e di orti’, c'è stato un esproprio senza risarcimento e tutt’ora quei territori risultano catastalmente (per quello che mi è dato di conoscere) intestati ai legittimi proprietari. I pini hanno prosciugato le sorgenti presenti e crescendo hanno peggiorato l’assorbimento da parte del terreno delle acque piovane.
Un attimo di attenzione, ho messo anch’io insieme ai miei coetanei i semi nelle buche già preparate dagli operai sopra il ‘Poggio’ dove un tempo c’era una ‘Croce di Legno’ (era come partecipare ad un gioco) ero troppo piccolo per giudicare e per capire l’impatto del gesto sul territorio.
La vostra non coerenza delle decisioni sul territorio è palpabile, i pini presenti vanno tagliati tutti e non diradati, sono come asserite piante non autoctone, ricordiamoci il detto due pesi due misure.
Laddove avviene il diradamento sono presenti le ’greppe’, (memorie storiche del lavoro degli abitanti, erano frutto di esperienza, sudore e soprattutto lavoro manuale) che spero saranno mantenute. Emerge un problema; con quali mezzi meccanici la ditta appaltante lavora sul territorio? Speriamo in un lavoro a regola d'arte che non arrechi danno.
Siamo comunque certi che state vigilando.
Altro punto interessante riguarda la cosiddetta Miniera.
La società Montecatini, proprietaria della ‘Miniera Franco’ chiuse l’attività lavorativa e consegnò al Comune di Isola del Giglio i terreni dove era avvenuta l’estrazione mineraria; giusto il passaggio di gestione all’autorità comunale perché doveva essere propedeutico per facilitare la riconsegna degli stessi ai legittimi proprietari, ma la nuova classe politica succeduta a quella della pineta, scelse un altro percorso e con propri atti amministrativi li assegnò a dei nuovi proprietari, tutto fu messo a tacere.
Su una parte degli stessi fu autorizzata la costruzione di un volume considerevole di fabbricati rispetto al terreno assegnato (speculazione?, forse), quello così destinato andò a discapito degli altri terreni dell’isola; ancora oggi su una parte di quei territori è presente un degrado vergognoso, che contrasta con la gestione turistica della frazione di Giglio Campese e che dovrebbe fare riflettere sulla decisione a suo tempo presa, sempre bombe intelligenti, per chi ha letto il mio articolo ‘LE SPCIE ALIENE e LE BOMBE INTELLIGENTI’.
Un pensiero va al mio amico Pietro Brothel di Sandrinello, ricordato come ‘l’ultimo minatore della Miniera Franco’, non proprio vero il titolo ma riconosciutogli per la sua ferma volontà nel ricercare e ricordare quella vita lavorativa. Quel lavoro che, pur aiutando economicamente l'Isola, per molti suoi colleghi causò malattie e successivamente la morte per silicosi (tipica malattia professionale dei minatori dovuta all'inalazione di polvere di silicio).
Solo una lapide, da lui fortemente voluta, posta all’esterno della Sede Comunale ricorda quel tempo passato, laddove si svolgevano invece le attività minerarie tutto è stato sepolto, nessun segno del passato eppure in quei luoghi si è svolta una parte molto importante della VITA e della STORIA dell'Isola.
Infine un mio grazie particolare va ai minatori Clodoveo Tomasetti detto Veo, Pietro Brothel (entrambi da alcuni anni non più tra noi), a mio zio Luigi Centurioni, a Pierina Strada (addetta alla mensa dei minatori) in quanto memorie storiche, che hanno aiutato me ed il mio amico Giuseppe alla realizzazione di un opuscolo sulla ‘Miniera Franco’.
Argentino Stefanini