scritto da Greereport.it 

I rifiuti pescati accidentalmente non sono più speciali ma urbani

La Legge “Salvamare” ancora non c’è però con il D.lgs. 197 del 8 novembre 2021 si sono fatti enormi passi avanti per contrastare l’impatto prodotto dai rifiuti marini. Se n’è parlato nell’incontro con gli amministratori della Maremma e del Salento tenutosi ieri all’interno del progetto COMMON.

Il decreto recepisce la Direttiva Europea 2019/883 relativa agli impianti portuali di raccolta per il conferimento dei rifiuti delle navi. Tale decreto all’art. 2 comma 2 recita testualmente: ”I rifiuti delle navi sono considerati rifiuti ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. In particolare, i rifiuti delle navi sono considerati rifiuti speciali ai sensi dell’articolo 184, comma 3, lettera f) del decreto legislativo n. 152 del 2006, ad eccezione dei rifiuti prodotti dai passeggeri e dall’equipaggio e dei rifiuti accidentalmente pescati che sono considerati rifiuti urbani ai sensi dell’articolo 183, comma 1 lettera b-ter), del medesimo decreto legislativo”, Questo significa che i rifiuti accidentalmente pescati non sono più rifiuti speciali bensì rifiuti urbani (come quelli raccolte sulle spiagge durante le famose campagne di pulizia di Legambiente “Clean Up The Med”).

Secondo sempre lo stesso decreto, all’art. 7 comma 9, afferma che le Autorità competenti o i soggetti pubblici o privati deputati alla gestione dei rifiuti a livello comunale o all’interno dei singoli porti stipulano con le associazioni di rappresentanza delle imprese di settore, convenzioni, o accordi di programma per la definizione delle modalità di raccolta, trasporto e conferimento dei rifiuti accidentalmente pescati, nonché di quelli raccolti nell’ambito di campagne di raccolta dedicate concordate con le Autorità competenti. Il costo di questo servizio non è più a carico di chi raccoglie questi rifiuti bensì tali costi possono essere coperti con le entrate generate da sistemi di finanziamento alternativi, compresi sistemi di gestione dei rifiuti cioè la Tari oppure  finanziamenti unionali, come ad esempio i finanziamenti previsti dai programmi Feamp, oppure nazionali o regionali.

E’ questa una svolta epocale che permette finalmente di sensibilizzare, promuovere e organizzare le raccolte di rifiuti in mare tramite le attività di fishing for litter.

Un ulteriore importante aggiornamento del quadro normativo sul tema del marine litter è contenuto nel testo di recepimento della Direttiva Sup sul bando delle plastiche monouso (D.lgs. 196 del 8 novembre 2018) che all’art. 8 comma 4 impone che entro il 31 dicembre 2024, i rifiuti derivanti da attrezzi da pesca contenenti plastica siano gestiti tramite appositi sistemi. I produttori di attrezzi da pesca contenenti plastica, infatti, dovranno coprire sia i costi della raccolta differenziata di tali attrezzi quando sono dismessi e conferiti a impianti portuali di raccolta che i costi del successivo trasporto e trattamento, nonché i costi delle misure di sensibilizzazione. Sempre nello stesso comma si afferma che il Ministro della transizione ecologica dovrà fissare, con decreto di natura non regolamentare, il tasso minimo nazionale di raccolta annuale degli attrezzi da pesca dismessi contenenti plastica per il riciclaggio. L’Europa e conseguentemente l’Italia, con questo comma vogliono finalmente risolvere una volta per tutte il problema delle reti fantasma che tanto danno producono agli ecosistemi marini e conseguentemente risolvere il problema della dismissione delle reti fantasma.

Nella speranza che la legge Salvamare, approvata in Senato il 9 novembre scorso e ora tornata alla Camera, venga aggiornata secondo i nuovi decreti e promulgata,  l’Italia si dota di norme che non rendono più difficoltosa ai pescatori, alle associazioni ambientaliste, ai cittadini e alle amministrazioni costiere la lotta ai rifiuti marini.

   

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