fonte vinievinili.wordpress.com - Amo le piccole isole, le ho sempre cercate ovunque sia andato. Il fascino di essere circondato solo dal mare offre sensazioni uniche. Il Giglio, dove non ero mai stato prima, mi ha conquistato in pochi giorni. Soprattutto la mattina andando dalla spiaggia delle Cannelle fino a Giglio Castello o all’ora del tramonto salendo verso la strada che porta al Faro di Capel Rosso.
Le sue strade strette a picco sul mare offrono panorami incredibili: dipinti in cui la natura si manifesta in tutta la sua ineguagliabile bellezza. Scorgere da qui le rocce dell’Isola di Montecristo ti lascia senza fiato: rimani immobile, rapito da una dimensione superiore che lascia voce solo al vento.
Non avrei desiderato nulla di più. Tuttavia, anche in questo paradiso d’Italia, la mia passione per il vino mi ha portato a scoprire angoli ancora più nascosti ma soprattutto le persone che li custodiscono. Quando Elisabetta Corrado, un’amica di Como che frequenta il Giglio da molti anni, ha saputo che ero sull’isola, ha voluto farmi conoscere Giovanni e Simone Rossi, due fratelli del Giglio che hanno iniziato a vinificare nel 2009.
Così ci siamo incontrati e in un caldo pomeriggio d’agosto mi sono arrampicato sulle loro vigne che guardano il mare. Giovanni e Simone sono due persone speciali che hanno cambiato vita e lavoro per amore della loro terra: hanno occhi pieni di passione e fatica. Fare il vignaiolo da queste parti, dove occorrono mestiere e braccia forti, non è semplice. Ma la terra, quando percepisce amore, sa essere molto generosa. Lasciarsi alle spalle il respiro di questi luoghi che non conoscono ombra è impossibile. Già sai che poco a poco ti entreranno nel cuore per sempre offrendoti il loro infinito orizzonte.
Scendiamo a Castello con i miei occhi che fanno ancora fatica a trasmettere nuove immagini. Si rassegnano solo quando entrano nella piccola cantina per le degustazioni a Castello. Qui ci raggiunge il Meco, un uomo senza il quale Giovanni e Simone probabilmente non avrebbero mai iniziato a fare il vino: un autentico custode di queste terre, del sapere antico, della tradizione. Le sue rughe sono come radici, sul suo volto è dipinto il sapere. I racconti del Meco valgono più di mille libri sull’arte di fare il vino. Il Meco è un contadino autentico, una guida che ha reso unici i vini de la Fontuccia. Assaggio i loro tre bianchi – che si chiamano tutti Senti oh!, una esclamazione toscana tipica di queste zone – e il loro passito ‘Nantropo’. Sono buoni, molto buoni, ma per capirli davvero ho bisogno dei miei tempi, della mia musica e del loro mare.
Ritornato nella mia dimensione, ma per fortuna non ancora troppo lontano da quelle vigne, il Senti oh! si è dimostrato un grande vino bianco in tutte le sue declinazioni: un figlio autentico della sua terra. Insieme ai ricordi, la cosa migliore che puoi portare a casa dall’Isola del Giglio. Un vino autentico, con uve tutte raccolte a mano da quelle vigne che anche il mare guarda con rispetto salire verso il cielo. Nel bicchiere ci sono i colori e i profumi di un’isola che offre tutto il suo incanto lassù, dove ancora riesce a nascondersi.
Giovanni e il Meco li ho rivisti lo scorso novembre a Como, durante una magnifica degustazione dei loro vini organizzata nella cantina di Elisabetta e suo marito Aldo. Riabbracciarli è stato come tornare per un attimo sulla loro isola, con tutti quei bicchieri pieni di parole e una sola promessa: tornerò presto al Giglio. Ma intanto, mentre ancora si riempiono i bicchieri e un altro inverno ci attraversa, per accompagnare il Senti oh! ci vuole nelle orecchie un po’ di follia rock. Ad esempio quella di Mark Stewart e Gareth Sager del Pop Group con il loro Honeymoon on Mars.