di Armando Schiaffino - leggi articolo in pdf
La presenza di popolazioni di capre selvatiche nelle isole del mar Tirreno (oggi presenti solo nell’isola di Montecristo) e sicuramente testimoniata in epoche sto- riche passate, se non altro dai nomi delle isole stesse: Capri, Capraia, Caprera ecc. (quelli derivanti dal termine latino capra-caprae) o Egadi, Giglio ecc. (quelle invece derivanti dal termine greco αἴξ, αἰγός; in par- ticolare per l’isola del Giglio e noto che il suo nome non ha niente a che vedere con l’omonimo fiore chia- mato in latino Lilium, ma deriva da una evoluzione del termine Aighilion, Aegilium, Igilium, Gilium, Gilio e, finalmente, dal 1261, Giglio.
In quest’isola la presenza umana e documentata fino da epoche preistoriche: la conseguente pressio- ne antropica sull’ambiente potrebbe aver causato la scomparsa delle originali popolazioni selvatiche di capre, ma la presenza di bestiame domestico ovino e caprino e sempre stata assolutamente necessaria e in- dispensabile: la pressoche totale assenza di bestiame vaccino nell’isola, quasi impossibile da allevarsi in un territorio cosi scosceso e accidentato, ha determinato infatti che l’unica possibility di approvvigionamento di carne e latte sia stata fornita per secoli da capre e pecore; cio nonostante, la presenza numerosa dei greggi e i conseguenti e frequenti danni all’agricoltura gigliese, in particolare alle vigne, hanno spesso creato situazio- ni di conflitto fra pastori e contadini. I vecchi registri dei governatori gigliesi sono pieni di contenziosi e di richieste di risarcimenti di “danno dato”.
Da una relazione redatta dal professor Giuseppe Giuly, naturalista che visito il Giglio nel 1835, appren- diamo: esistono nell’isola 400 somari, 100pecore, 1000 capre e pochissimi maiali; vi si alimenta un gran nu- mero di galline e di piccioni, e raramente si porta dal continente qualche vitello per ingrassarlo.
Nell’Archivio di Stato di Grosseto vengono conservate alcune interessanti relazioni della Regia Commis- sione Sanitaria Provinciale dell’epoca, da cui si evince che all’isola del Giglio nel 1842 si verifico nel bestiame ovino e caprino una strana malattia epidemica ad altissima letalita. La relazione della commissione inizia censurando il comportamento dei medici allo ra operanti al Giglio, che avevano omesso la doverosa denuncia di quanto accaduto: ....i medici dell'isola del
Giglio hanno trascurato di dar notizia di una Epizootia.
sviluppatasi nelle capre e nelle pecore ivi esistenti, la Commissione Sanitaria si e trovata nella impossibilita di tener conto di tale affare al R. Governo. Richiamati i suddetti Medici all’osservanza del loro dovere hanno riferito che fino all’anno decorso (1841 n.d.r.) nell’isola del Giglio si sviluppo una malattia grave nelle capre di un certo Arienti; il morbo pero si limito al solo gregge accennato e quindi non merito particolare considera- zione. Nel Febbraio decorso molte capre e pecore di al- tri proprietari si sono ammalate con gli stessi sintomi e circa 150 ascesero le morte. DalVandamento di questa malattia, per quello che ne riferirono i medici del Giglio sembra potersi sospettare che trattasi di una malattia contagiosa sebbene i sintomi speciali descritti stessero piuttosto a rappresentare il capogiro o vertigine.
I membri della Commissione sembrano in evidente difficolta nel riuscire a capire la natura della malattia e la conseguente possibile causa. Scrivono infatti non potendo pero prestar molta fede alla descrizione dei sintomi perche per trascuratezza non osservati dai Medici stessi e perche mancanti delle necessarie resultanze cadaveriche...
Tale incertezza diagnostica comporto quindi l’a- dozione cautelativa di misure sanitarie preventive, finalizzate al contenimento di un eventuale dilagare della malattia. Proseguono quindi i commissari: ... la Commissione ha creduto dover aderire ai consigli del Medico Ispettore per interesse della salute pubblica e per evitare qualunque pericolo ha ordinato per mezzo del Commissario Regio della provincia 1° che sia proibita provvisoriamente la importazione delle capre e delle pecore delttsola del Giglio in terraferma; 2° che le pelli di capra e di pecora non possano estrarsi prima di essere state disinfettate, 3° che prima di macellare le accennate bestie siano sottoposte alla visita.
Nonostante l’adozione di dette misure la situazione non tendeva a migliorare e, di li a poco, si ebbe notizia della morte di un’altra pecora. Il pastore gigliese che aveva praticamente visto il suo intero gregge distrutto dalla malattia, tale Giovan Battista Arientiaveva co- munque recuperato almeno le pelli degli animali mor- ti e sperava di venderle. Un’ulteriore relazione della Commissione Sanitaria ci informa pero che il Regio Vicario del Giglio avuto resoconto della morte di un’altra pecora recentemente avvenuta in quelttsola e della esistenza di molte pelli sospette, ritenute da un tal Giovan Battista Arienti che insisterebbe per trasportar- le nel continente fu deliberato di scrivere in proposito a S.E. il Governatore di Livorno a forma degli ordini contenuti in una Ministeriale della Regia Segreteria di Finanze in data 8 giugno passato. E poiche il prefato Governatore di Livorno, nella sua qualita di Presiden- te di Sanita Marittima domandava di essere informa- to dell’andamento di quella epizootia in aumento di quanto gli era stato scritto direttamente nel 6 scorso, fu stabilito che la Commissione dovesse partecipargli ogni rapporto relativo.
Fortunatamente non ci furono nuovi casi cosi, nel rapporto nella Commissione Sanitaria del 15 agosto 1842 possiamo leggere: ...di concerto con il Consiglio di Sanita di Livorno e stato stabilito di non fare am- mettere a libera pratica in terraferma le capre prove- nienti dalttsola del Giglio prima che siano disinfettati i locali dove queste hanno dimorato. Saranno quindi inviate alla rid. Isola le materie opportune per ese- guire sotto la direzione del Medico condotto la disin- fettazione di tutti i locali che hanno dato ricetta ad animali ammalati ed allepelli di quelli morti .Infine e stato determinato in giorni 20, dalle fatte disinfetta- zioni, il tempo dell’osservazione nella eventualita che si sviluppi qualche nuovo caso di malattia prima di dichiararsi tolto ogni ostacolo all’ammissione del rid. gregge in terraferma.
Finalmente, nel rapporto del 15 settembre 1842 (Cessazione delle misure adottate per impedire la dif- fusione dell’Epizootia manifestatasi al Giglio) si legge: S.E. Consigliere Governatore di Livorno con atto del 26 agosto passato dichiara di aver gia abbassato gli ordini perche cessassero le misure adottate per impedire la diffusione dell’epizootia che erasi manifestata alttsola del Giglio. La Commissione Sanita partecipo al Sig. Vicario di quell’Isola tali disposizioni affinche d’ora in poi si ritenesse libera Vesportazione dalla medesima e ttmportazione nel Continente del bestiame caprino e pecorino e delle pelli di animali.
I fatti fin qui narrati risalgono a quasi due secoli fa, periodo in cui le conoscenze scientifiche, soprattutto in tema di microbiologia e malattie infettive erano an- cora molto scarse, comprensibili quindi le difficolta di comprenderne le cause. Cio nonostante, la singolarita dell’episodio descritto e tutta una serie di informazioni che si possono rilevare dai sopra descritti rapporti della Regia Commissione Sanitaria suscitano lo stesso, nel lettore moderno, la convinzione che esista oggi, alla luce delle attuali conoscenze scientifiche, la possibilita di capire, o comunque ipotizzare, quale possa essere stata la causa dell’epidemia.
Nel primo rapporto, la Commissione lamenta l’omis- sione dei medici che operavano all’epoca al Giglio di non aver denunciato subito l’accaduto; pertanto mancarono non solo testimonianze dirette di persone qualificate a descrivere i sintomi che poi portarono a morte gli animali ma non furono neppure eseguite le necessarie e opportune autopsie. Venne comunque annotato che da quello che ne riferiscono i medici del Giglio sembra potersi so- spettare che trattasi di una malattia contagiosa sebbene i sintomi speciali descritti stessero piuttosto a rap- presentare il capogiro o vertigine.
Quindi le bestie colpite non avevano vomito, diar- rea, febbre, tosse (malattie polmonari), infezioni della pelle, ascessi, ecc., ma un unico sintomo di natura neu- rologica: una evidente incoordinazione motoria degli arti che dava l’impressione, negli osservatori, del “capogiro o vertigine”.
Una tale sintomatologia, in assenza di ulteriori evi- denti segni di infezione acuta, porterebbe a ipotizza- re la CAEV, una malattia infettiva caprina contagiosa caratterizzata dalla comparsa di sintomi articolari e neurologici dovuta a un retrovirus. Ma il lentissimo decorso di tale infezione (in parte paragonabile al morbo della mucca pazza) porta a escludere, almeno dal punto di vista dell’andamento epidemiologico, che possa essere stata la causa della “epizootia” gigliese.
Un’altra piu probabile possibilita potrebbe essere invece ipotizzata in una infezione da clostridi. I clostri- di sono microbi, pericolosissimi non tanto per se stessi quanto per la capacita di produrre tossine. In patologia umana i piu noti sono quelli che causano il tetano e il botulismo. Nelle infezioni di greggi ovini e caprini si pos- sono verificare infezioni da clostridium butyrricum e clostridiumperfringens, entrambi produttori di neurotossine. Le neurotossine sono fra le sostanze piu tossiche che si conoscano e causa di mortalita molto elevata. Danno pa- ralisi muscolare, quindi anche paralisi respiratoria e ar- resto cardiaco. I clostridi possono resistere in condizioni ambientali avverse grazie alla facolta di produrre spore.
Le spore sono contenute negli escrementi di vari animali e, conseguentemente, ampiamente distribuite nel suolo. La germinazione delle spore (cioe l’inizio di un nuovo ci- clo vitale) e determinato da una serie di complessi fattori: fra gli altri, ne favorisce la maturazione un alto livello, nell’ambiente, di acqua libera (Awwater activity).Una condizione prolungata e abnorme di alta umidita relativa (come si verifica, nelle nostre zone, con i venti di scirocco) potrebbe essere invocata come una possibile concau- sa dell’epidemia gigliese del 1841-42.
Purtroppo, per quanto e dato di sapere, non esistono rapporti di rilevamenti sistematici delle condizioni atmo- sferiche di quel periodo. Non puo comunque non destare sorpresa leggere, a pagina 12 della relazione dell’ispettore sanitario su un’altra epidemia (di malaria) verifica- tasi nella costa nord toscana in quegli stessi due anni: E questa adunque, aparer mio, lunica straordinaria cagio- ne da aggiungere alla consueta del 40 e del 41, cioe il dominio costante dei venti di sud-est;per il quale i miasmi e in maggior quantita e piu perniciosi si sono versati sul litorale ed hannoprodotto... con le vampe del vento caldo sciroccale... la piu grave epidemia del 1842.
Le considerazioni fatte nel presente articolo risen- tono ovviamente dell’aleatorieta legata all’impossibili- ta - a posteriori - di una rigorosa dimostrazione scientifica. Se l’ipotesi di un’infezione da clostridi fosse per caso vera, dobbiamo pero puntigliosamente rilevare che le misure adottate all’epoca nella disinfezione degli ambienti e degli oggetti furono assolutamente ina- deguate per distruggere le spore: cio non ci impedisce di gioire, anche a distanza di cosi tanto tempo, per il povero pastore Giovan Battista Arienti (probabilmente chiamato Titta dai suoi contemporanei) che, dopo la perdita dell’intero gregge di capre, riusci per lo meno a vendere le pelli, piu o meno “purificate”.