I POETI DELL'ISOLA
Autore Tonino Ansaldo
I FRATELLI RUM
Vi canterò di quei giganti.
Canterò dei trinchetti, alberi maestri, di coperte, opere vive, opere morte, dritti di prora, specchi di poppa, capi di banda di legno tavole distorte.
Canterò di navigli bisognosi d’esser forti contro mari, contro venti dovevan passar prima, tra le mani dei giganti.
Canterò di bompressi finsu’ l’usci lì nei pressi. In secco bastimenti sul cantier di rena nell’ingegno mani messi di lor parenti d’ascia maestri calafatando storia nei larghi comenti
In quel tempo l’immoto silenzio squassava la “ghitarra” tirar sui “vasi” barche col malanno.
Sciolta vecchia colava la pece in fiamme messa dalla “lucerbola” pianta. Utile demone tiranno.
Quindi, nera nuova pece collo “scrupolo” posta dentro ferite stoppa saturava, stagnava il danno.
Cantava la cicala sega col picchio d’un mazzolo. Finsù il poggio l’eco l’alta voce d’un fratello com’aquila in volo.
D’essi la parola di ragion priva e di torto allor vincea l’accordo, sortia sontuosa sulla marina sulle curve sponde. Loro a mezzobusto pur posti tra i “vasi” e le salse onde. Nel sole. Nel verno. In quell’isole sole.
Mai bestemmia fuor veniva. Sul natio granito mai cristiani così certi d’entrar nei celesti regni. Loro immortal giganti di lavor sui legni.
Immortal giganti e noti assai. Dai vicini lidi sul gran sale venivino foresti dai RUM fratelli. In Giglio tiravino all’asciutto malati i lor battelli.
Bagnava l’ansonaco il misero ristoro. Di gallette, salatacciughe, tonnina, cipolle e pomodoro.
Nessuno avea il comando. né il colto PAOLO né il capo era ARMANDO. Non era CINO la mente tantomeno CLEMENTE. Né ordini dava OLIMPIO. Né ordini dava FILIPPO.
Ampia la piaggia fermo il vento sgombro di nubi il firmamento.
Dal monte di fronte grande madre Chiusa dal suo mantello calava salubre la pace sul mar di cristallo, sul porto rifugio amor, fierro di cavallo.
Tutto quell’oro tutto quel silenzio loro.
Scendeva su ali di gabbiani rompendosi nelle risa di costoro.
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