Pianosa alieni 11 320x234fonte greenrport.it

Legambiente: richieste impossibili se non viene istituita l’Area Marina Protetta

 

Come ricetta per uscire dalla crisi del turismo conseguente alla pandemia di Covid-19, la Fondazione Isola d’Elba non trova di meglio che di proporre qualcosa di abbastanza spericolato: aprire il mare e le coste protetti di Pianosa – e di Montecristo

– al turismo nautico e balneare, cosa che, oltre a cozzare con leggi regolamenti, vincoli e, forse, il buonsenso, ha fatto arrabbiare Legambiente che, attraverso il suo responsabile mare per la Toscana ha risposto a brutto muso alla Fondazione – non nuova a sortite di questo genere – che raggruppa noti imprenditori elbani e che qualche anno fa si è era dato come obiettivo quello di fare una rivoluzione elbana che, per la verità, sull’isola nessuno ha visto.

Ecco la proposta della Fondazione Isola d’Elba e la risposta di Legambiente:    

Dopo l’emergenza sanitaria è arrivata quella socio economica.
Il turismo è la principale fonte di reddito della nostra isola ma rischia di essere l’attività più penalizzata. L’Elba ha un patrimonio naturale e culturale straordinario, in grado di attrarre un pubblico internazionale qualificato, ma sino ad oggi abbiamo sfruttato solo una piccola parte del nostro potenziale.
Le cause sembrano svariate: trasporti, infrastrutture, prezzi, incapacità di fare squadra, mancanza di un piano strategico ecc. Dobbiamo però riconoscere che le cause dei successi e degli insuccessi siamo sempre noi. Siamo riusciti a preservare la nostra isola da speculazioni e scempi ambientali ma non riusciamo a coniugare la tutela con la valorizzazione. Eppure dovrebbero andare di pari passo.
Purtroppo la frammentazione amministrativa con 7 Comuni, Provincia, Regione, PNAT ecc, rende le buone intenzioni non realizzabili. Ognuno di questi enti persegue le sue particolari finalità in contrasto con gli altri, così nessuno si occupa dell’Elba nel suo insieme. Dunque non c’è modo di creare un sistema unitario di tutela e valorizzazione.
Questa grave piaga è il vero motivo dei nostri problemi, ma non si risolverà in pochi mesi. Nel frattempo è urgente mettere in campo strategie per incentivare il turismo e la visibilità mediatica del nostro territorio.
In televisione osserviamo file di persone che vanno ad impegnare i gioielli di famiglia pur di sopravvivere. I gioielli servono anche a questo, nei momenti difficili possono salvarci!
Noi abbiamo 2 gioielli di valore immenso, totalmente trascurati ed in stato di completo abbandono. Sono Montecristo e Pianosa. Riteniamo che l’apertura di Pianosa, almeno al turismo da diporto privato, creerebbe una fortissima attrazione mediatica internazionale, ed un immediato flusso turistico di qualità.
In pratica potremmo concedere a pagamento un ragionevole numero chiuso di permessi giornalieri diurni, che permetterebbero alle imbarcazioni private di entrare entro il miglio di distanza, ormeggiare, fare bagno, snorkelling e magari anche arrivare a nuoto sulla costa a prendere il sole entro 20/30 metri dalla battigia .
Nessuna attività di pesca o prelievo, nessun danno per l’Ambiente. Con una tariffa giornaliera proporzionata alle dimensioni delle imbarcazioni siamo convinti che si possano recuperare ingenti somme non solo per le pulizie e i controlli di cui Pianosa ha tanto bisogno. Inoltre creeremmo uno straordinario indotto economico occupazionale sull’Elba, catturando anche nuovo turismo pregiato.
Quando si perde un cliente è difficile recuperarlo, ma quando si riesce ad attrarre nuovi turisti, se si trovano bene, continueranno a tornare. E’ di questo che abbiamo bisogno!
Dobbiamo far innamorare nuove persone delle straordinarie bellezze dell’Arcipelago Toscano.
Quanto abbiamo detto per Pianosa può valere in forma più esclusiva anche per Montecristo. Abbiamo luoghi fantastici rimasti integri, ma integri non deve significare abbandonati e infrequentabili. I luoghi hanno bisogno dell’amore delle persone e le persone si affezionano ai luoghi che frequentano. Siamo sempre noi, le persone, che dobbiamo proteggere ed amare le nostre isole. Il periodo degli inutili divieti deve terminare, dobbiamo iniziare a dare valore a ciò che siamo.
Ci auguriamo che PNAT e Comuni diano avvio ad un rapido percorso di valorizzazione, apertura e tutela, in primis di Pianosa ma anche di Montecristo. Dopo tanti anni ci sembra di notare nell’ ultimo periodo di gestione del PNAT, piccoli ma incoraggianti miglioramenti.
Visto che da decenni ci viene ripetuto che il Parco può diventare il volano economico per del territorio, questo è il momento di dimostrarlo!
Noi come Fondazione siamo pronti a dare la massima collaborazione.

di Fondazione Isola d’Elba

 

Dispiace davvero che la fondazione Isola d’Elba, animata da così autorevoli imprenditori e da così numerosi think tank, si lasci andare a proposte mal ponderate, che denotano scarsa conoscenza della normativa, dei vincoli, delle competenze degli Enti chiamati in causa, e quindi impossibili da realizzare, come quelle di “aprire” Montecristo e Pianosa al diporto – visto che il bagno e lo snorkeling citati, a Pianosa, grazie al Parco si possono già fare – e al nuoto libero partendo da barche che si ancorerebbero dentro il mare protetto ma che, miracolosamente, non farebbero danno alcuno a un ambiente che è, in entrambe le isole, zona 1 di protezione integrale.

A Montecristo il Decreto del Presidente della Repubblica del 1996 che istituisce il Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano amplia la precedente area di tutela biologica integrale esistente fin dal 1971; Pianosa è stata solo affidata come zona marina a protezione integrale al Parco, addirittura dopo la sua istituzione, con un decreto del Ministero dell’Ambiente del 19 dicembre 1997 ed entrato in vigore nel 1998, per l’”Individuazione di un’area di interesse naturalistico e apposizione di misure di salvaguardia per una fascia di mare intorno all’isola di Pianosa”, che amplia la precedente area di tutela biologica istituita dalla Provincia di Livorno e ne fissa vincoli che – come a Montecristo – né il Parco, né il Comune di Campo nell’Elba né quello di  Portoferraio, possono –  nella situazione data – modificare. Tanto è vero che il Parco Nazionale a Pianosa è riuscito a consentire la balneazione   a Cala Giovanna grazie a deliberazioni “provvisorie” continuamente rinnovate e che le 8 boe per le attività subacquee a Pianosa sono il frutto di un lavoro corpo a corpo, ma anche collaborativo, durato 8 anni, con la burocrazia ministeriale e regionale che è stato sbloccato solo grazie a un progetto “sperimentale” il cui impatto sull’ambiente deve essere periodicamente monitorato.

Come se non bastasse, Montecristo ha un diploma europeo proprio per la protezione integrale dell’ambiente terrestre e marino e, insieme a Pianosa, a mare e a terra, è Zona speciale di conservazione (ZSC) della Direttiva europea Habitat e Zona di protezione speciale (ZPS) della direttiva uccelli, sulla base delle quali l’Unione europea, lo Stato italiano e la Regione hanno cofinanziato progetti di recupero della biodiversità come l’eradicazione dei ratti e dell’ailanto dei quali hanno beneficiato rarissimi uccelli marini e piante autoctone e la biodiversità in generale.

Quanto proposto dalla Fondazione non mi pare contemplato nelle norme di gestione delle ZCS/ZPS approvate dall’Unione europea e dalla Repubblica Italiana e invito i proponenti a pensare a quali immense ricadute di immagine – ma in negativo – avrebbero per l’Elba e l’Arcipelago l’avvio di procedure di infrazione da parte dell’Ue e il ritiro del Diploma europeo a Montecristo.

Quindi a Montecristo e Pianosa non si può far niente? Non mi pare proprio: è stato solo grazie all’istituzione del Parco Nazionale che a Pianosa sono arrivati i turisti, i bagnanti e i subacquei e che a Montecristo si può accedere molto meglio e più di prima, con un flusso di visitatori nettamente aumentato e gestito più democraticamente, ma che deve essere comunque contingentato e sorvegliato. Prima non era così e il privilegio era la norma, tanto è vero che improvvisamente, dopo le denunce di Legambiente,  da Montecristo sono scomparse le centinaia di “scienziati”, improvvisati ma rigorosamente in yacht, che popolavano le estati dell’isola teoricamente proibita.

Nella situazione attuale nessuno, a cominciare dal Parco Nazionale, può modificare i vincoli con i quali il mare di Pianosa e di Montecristo sono stati affidati al Parco con un Decreto del Presidente della Repubblica e un Decreto Ministeriale, in attesa dell’istituzione dell’Area Marina protetta dell’Arcipelago Toscano prevista dal lontanissimo 1982. Solo con l’istituzione dell’Area Marina protetta il Parco, tenendo conto del grande valore ambientale delle due isole e del loro mare e delle Direttive europee che li proteggono, potrà rivedere l’attuale zonazione a mare a Pianosa e Montecristo e consentire altre attività a basso impatto ambientale, così come chiede da sempre Legambiente. Quindi, se la Fondazione Elba vuole chiedere la revisione degli attuali vincoli a Pianosa e a Montecristo ha una sola strada: firmare la petizione di Diving Center, Guide Subacquee, Diversamente Marinai e Legambiente per l’istituzione dell’Area Marina Protetta dell’Arcipelago Toscano.

Su una cosa la Fondazione Elba ha sicuramente ragione: Pianosa e Montecristo sono due gioielli, ma i gioielli non si svendono o non si portano al Monte di pietà per passa’ la nuttata del Covid-19, se si ha la fortuna di averli si proteggono, perché sono preziosi per noi e per le generazioni future.

di Umberto Mazzantini

Direttivo Parco Nazionale Arcipelago Toscano

Responsabile mare LEGAMBIENTE Toscana

   

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