fonte meteoweb.eu
All'Isola del Giglio, sette pescatori non si arrendono alle logiche del profitto e del sovrasfruttamento della risorsa ittica
Combattere il sovrasfruttamento della risorsa ittica, rivitalizzare un’area preziosa e fragile, promuovere la cultura alimentare attraverso l’impegno di persone che – prima ancora di pescatori – sono appassionati di pesca
: il neonato Presidio della pesca artigianale dell’Isola del Giglio nasce da questi presupposti. “Negli ultimi trent’anni il turismo di massa ha stravolto gli equilibri dell’isola”, spiega Claudio Bossini, referente Slow Food del Presidio. L’arrivo di migliaia di visitatori ogni anno su quella che, con appena 21 chilometri quadrati, è la seconda isola più grande dell’Arcipelago toscano non assicura soltanto soldi e benessere: infatti, per rispondere alle esigenze di una clientela sempre più numerosa, alcuni ristoratori hanno scelto di approvvigionarsi di prodotti più economici, di provenienza globale e perciò privi di legami con il territorio. A questo si aggiunge che i fondali, storicamente ricchi e pescosi, vengono sempre più spesso battuti da grandi imbarcazioni provenienti da lontano. “Ci vorrebbero rispetto e buon senso da parte di chi viene a pescare in queste acque – sostiene Ido Cavero, referente dei sette pescatori che aderiscono al Presidio –. Certi giorni capita di uscire dal porto e di non poter calare le reti perché dappertutto ci sono le bandiere che segnalano che altri stanno già pescando, barche che usano chilometri e chilometri di reti e fanno la pesca forzata”. Significa che pescano senza preoccuparsi troppo di ciò che finisce nella rete: “un conto è pescare il pesce “di passo”, catturato mentre migra – aggiunge Cavero – e un altro conto sono le specie che vivono qua, che devono crescere e riprodursi. Chi viene da fuori, non avendo interesse a rimanere sull’isola, quando finisce di pescare se ne va e basta, lasciando a noi le conseguenze”.